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Sicurezza per tutti, anche in emergenza: mettere e mettersi tutti al sicuro

a cura di Stefano Zanut*

È Consuelo Agnesi, architetta, vicepresidente di CERPA Italia e donna sorda, che della comunicazione inclusiva in emergenza ha da tempo fatto un suo cavallo di battaglia, la protagonista questa volta della rubrica di Stefano ZanutSicurezza per tutti, anche in emergenza” ospitata sul portale «Superando.it». «Sono tante le cose che si possono costruire – sottolinea tra l’altro Agnesi -, ma c’è un solo filo conduttore che lega esperienze, buone pratiche e stimoli: la volontà di mettere e mettersi tutti al sicuro, attraverso la cultura della prevenzione e della sicurezza inclusiva».

Un intervento della Protezione Civile, per mettere in sicurezza una persona con disabilità in sedia a rotelle in una situazione di grave emergenza.

La volta scorsa, all’interno della rubrica “Sicurezza per tutti, anche in emergenza” ospitata sul portale «Superando.it», abbiamo parlato di comunicazione dell’emergenza considerando le indicazioni normative per la prevenzione del rischio sismico associato ai fenomeni di bradisismo in atto nell’area dei Campi Flegrei. In tale àmbito, infatti, viene data indicazione che essa sia pianificata «tenendo conto delle esigenze delle persone con disabilità».
Se da una parte ciò rappresenta un’attenzione di tutto rispetto, dall’altra fa riflettere sul bisogno che ancora abbiamo di ricordare che esistono le persone con disabilità. Sarebbe certamente più semplice e facile progettare questi aspetti in un piano organico che considerasse le necessità di tutti, ma cogliamo l’occasione di questo bicchiere mezzo pieno per portare a casa un altro piccolo risultato.
Sul tema della comunicazione inclusiva ci sono molte interessanti esperienze a cui attingere, una di queste tira in ballo Consuelo Agnesi, architetta e vicepresidente di CERPA Italia (Centro Europeo di Ricerca e Promozione dell’Accessibilità), che della comunicazione inclusiva in emergenza ha da tempo fatto un suo cavallo di battaglia.
L’ho incontrata in videoconferenza e come al solito, visto che siamo amici, ho posto attenzione all’illuminazione del viso per permetterle una buona lettura labiale, perché dimenticavo di dire che Consuelo è una donna sorda e per lei la comunicazione rappresenta ordinariamente un aspetto critico, figuriamoci in emergenza.

Consuelo, cos’è per te la comunicazione in emergenza?
«La comunicazione in emergenza gioca un ruolo fondamentale in tutte le fasi della gestione di un evento critico, dai sistemi di allerta e informazione, fino alle modalità di interazione tra le persone. In tale contesto una corretta comunicazione preventiva può svolgere l’importante funzione di garantire a ognuno una risposta immediata al manifestarsi di un’emergenza e ciò attraverso l’informazione su tali aspetti, a partire dalle indicazioni su cosa fare, ovvero le azioni da compiere e i comportamenti da tenere.
Tutto questo rappresenta la comunicazione in emergenza così come oggi viene pensata, ma i dati alla mano, per altro già citati nel precedente articolo della rubrica “Sicurezza per tutti, anche in emergenza”, lasciano chiaramente intendere che bisogna cambiare visione, a partire dal concetto di vulnerabilità considerata nella sua accezione più ampia, quella della variabilità umana e delle specifiche necessità che ogni persona può incontrare in ogni momento della sua vita. In questo modo possiamo immaginare una comunicazione inclusiva e multisensoriale, multimodale e multicanale (più modalità e strumenti, più lingue parlate o segnate), che in emergenza sia capace di arrivare a più persone possibili per garantire una risposta efficace e immediata».

Consuelo Agnesi mentre comunica nella lingua dei segni.

Per favore facci qualche esempio che ci porti nella tua dimensione quotidiana, la stessa di molte persone sorde.
«Oggi è difficile parlare di comunicazione inclusiva, in quanto l’ambiente quotidiano è ancora inaccessibile, nonostante i grandi progressi tecnologici. Le persone con disabilità uditiva vivono in un mondo in cui la comunicazione sonora è il canale primario e di conseguenza non riescono a partecipare attivamente o afferrare tutto ciò che non sia visibile ai loro occhi. Non solo, in Italia viviamo anche una realtà sempre più ricca e frammentata relativamente alla sordità e alle sue sfumature, tanto che la mancanza d’informazione non ha contribuito a dare una corretta immagine della persona sorda e delle sue problematiche quotidiane.
Nell’ambiente, in totale o parziale assenza di feedback uditivo, ci sono tante barriere per la carenza di informazioni visive, accorgimenti e servizi dedicati che mettono a repentaglio la nostra sicurezza e la fruizione in autonomia. Siamo sempre in allerta, la nostra è una vita spericolata: dal non percepire il suono del campanello alle comunicazioni vocali in ogni dove, dai mass media ai luoghi della cultura e spettacolo senza sottotitoli, interprete in Lingua dei Segni e tutto il resto, dal numero verde alle infinite attese in ospedale, sia perché non sentiamo la chiamata o abbiamo difficoltà ad interagire con i dottori.
La lista è molto lunga! Posso continuare, Stefano?».

Mi piacerebbe farti continuare, ma lo spazio editoriale non me lo permette. Ci torneremo, te lo garantisco, e tieniti pronta! Intanto ci puoi far capire come tutti questi aspetti si amplificano durante un’emergenza?
«Siamo di fronte a un’arma a doppio taglio: la comunicazione con cui ci scontriamo nella realtà quotidiana diventa più complessa in una situazione di emergenza. Il non percepire, o percepire solo in parte, qualsiasi sistema di comunicazione e di allarme che utilizza il canale sonoro, infatti, mette la persona sorda ancora più a rischio, in quanto ignara di ciò che in quel momento accade. Non solo nell’accesso alle informazioni con il mondo all’esterno, ma anche nella relazione con le persone, che a seconda del contesto può variare: se non si conoscono le infinite sfumature della sordità, si possono verificare equivoci o fraintendimenti.
Ad esempio, possiamo partire dai sistemi di comunicazione e allarme per avvertire i presenti dell’insorgenza di un pericolo che oggi sono prevalentemente sonori e/o vocali, di conseguenza non vengono raggiunti tutti i sensi, mettendo a rischio più persone, anche solo chi in quel momento è distratto o all’interno di un luogo rumoroso».

E se venisse da te una persona con la necessità di predisporre un sistema di allarme inclusivo, quali indicazioni gli daresti?
«Grazie ai passi avanti fatti dalla tecnologia, oggi è possibile avere a disposizione diversi sistemi, modalità e strumenti per rendere qualsiasi ambiente più sicuro e inclusivo. Si può installare uno schermo all’interno di un ascensore per interagire visivamente con il centralino, sostituire il numero verde con applicazioni o utilizzare servizi accessibili. Esistono sistemi di comunicazione di allarme in più modalità (sonori, luminosi e a vibrazione), per rendere qualsiasi ambiente pubblico o privato più sicuro, come il progetto da me realizzato anni fa, Accessible Light 2.0, che consente la codifica e la traduzione di tutti gli allarmi in più modalità e implementabile nei dispositivi mobili. Inoltre, in commercio ci sono diverse applicazioni e dispositivi per la rilevazione di un pericolo (ad esempio una fuga di gas o un incendio), senza dimenticare che in molti contesti la norma lo richiede esplicitamente.
Se vogliamo andare oltre l’immaginabile, ad esempio, in Giappone hanno sviluppato un sistema antincendio olfattivo, utilizzando la pianta wasabi, mentre la Apple sta sperimentando un sistema capace di riconoscere suoni e rumori in casa. Tutto è possibile!».

La vignetta scelta dalla Protezione Civile di Castelnuovo di Garfagnana per illustrare il progetto “Emergenza e disabilità”.

Ma quando si parla di comunicazione in emergenza non è solo un allarme inclusivo a fare la differenza, perché va considerata anche la capacità del personale incaricato di gestire la situazione a mettersi in relazione e comunicare con te. Puoi brevemente dare qualche spunto su questi aspetti?
«Se non conosciamo la persona che abbiamo di fronte, a maggior ragione in una situazione di emergenza dove lo scenario muta velocemente, dall’accompagnatore “fuori gioco” o gli stessi ausili che potrebbero non funzionare, può essere difficile comprendere i margini dell’interazione, in quanto non siamo consapevoli che possiamo utilizzare diverse modalità a seconda della situazione e del contesto: considerando, ad esempio, il canale visivo, possiamo usare l’espressione e la gestualità o se siamo al buio, accompagnare il messaggio utilizzando una comunicazione aptica (con il tatto attraverso il contatto con le mani e il corpo, quando consentito). Ci possiamo aiutare anche con la scrittura, i disegni e i pittogrammi, mentre in altre situazioni possono tornare utili dispositivi tecnologici o applicazioni specifiche.
Semplicemente dedicare attenzione, individuare ciò che possiamo utilizzare in quel momento, per rassicurare chi si ha di fronte e stabilire una relazione di fiducia che ci consenta di aiutare e veicolare i messaggi successivi con le risorse a disposizione.
A prescindere da qualsiasi condizione e contesto, infine, è fondamentale tenere a mente una regola universale: la disponibilità alla relazione, che passa attraverso la gentilezza, l’ascolto e l’osservazione dell’altro, per stabilire quella parola magica che per me è la comunicazione empatica, sia nell’ordinario che in emergenza».

Grazie, sono stimoli interessanti e capaci di fare crescere un po’ tutti su questi argomenti e speriamo che qualcuno li sappia cogliere nella pianificazione della risposta a un evento emergenziale. Per concludere ti chiedo di lasciarci un messaggio.
«Sono tante le cose che si possono costruire, ma c’è un solo filo conduttore che lega esperienze, buone pratiche e stimoli: la volontà di mettere e mettersi tutti al sicuro, oggi più che mai, attraverso la cultura della prevenzione e della sicurezza inclusiva.
Con poche, semplici parole chiave: formazione ed informazione, ascolto e condivisione di esperienze, comunicazione empatica, fare sistema. Con un approccio multidisciplinare e partecipato dove a fare gioco di squadra sono gli operatori del soccorso e quelli sanitari, i tecnici esperti, le persone con specifiche necessità, le associazioni di categoria e così via.
Sono queste le basi e gli ingredienti per un progetto, un prodotto o un servizio capace di rispondere ad ogni esigenza, dove diventiamo tutti un po’ più consapevoli delle nostre vulnerabilità e sempre a tutti diamo la possibilità di poter vivere in un mondo più libero e sicuro. Un mondo dove solo insieme, nella nostra straordinaria imperfezione, si può creare una comunità sempre più resiliente».

 

Per informazionistefano.zanut@gmail.com.

 

Stefano Zanut è architetto e direttore vicedirigente dei Vigili del Fuoco del Comando di Pordenone, nonché membro dell’Osservatorio sulla Sicurezza e il Soccorso delle Persone con Esigenze Speciali attivato proprio dai Vigili del Fuoco. Ha al proprio attivo una lunga esperienza in questo campo, che ha condiviso curando numerose pubblicazioni e partecipando a iniziative di vario tipo, tra cui l’attività  nell’àmbito di CERPA Italia (Centro Europeo di Ricerca e Promozione dell’Accessibilità) e del CTS del CRIBA Friuli Venezia Giulia (Centro Regionale di Informazione sulle Barriere Architettoniche del Friuli Venezia Giulia). Il presente contributo è già stato pubblicato su «Superando.it», il portale promosso dalla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), e viene qui ripreso, con lievi adattamenti al diverso contesto, per gentile concessione.

 

Ultimo aggiornamento il 17 Novembre 2023 da Simona