Il 25 giugno scorso, nell’ambito di Milano Pride, si è svolto l’incontro pubblico denominato Corpi possibili. Il contrasto all’abilismo nel DDL Zan. I crimini d’odio colpiscono le persone non per qualcosa che hanno commesso, ma per ciò che sono: questo il messaggio più forte e trasversale a tutti gli interventi. Poiché il tema dell’abilismo, pur essendo presente nel testo del Disegno di Legge Zan, ha avuto poche occasioni pubbliche di essere trattato specificamente, abbiamo ritenuto importante dare conto di questo evento.
Il 25 giugno scorso, nell’ambito di Milano Pride, presso il Pride Square – Arco della pace, si è svolto Corpi possibili. Il contrasto all’abilismo nel DDL Zan*, un incontro pubblico moderato da Luciano Lopopolo, presidente nazionale dell’Arcigay, al quale hanno preso parte Alessandro Zan, deputato e primo firmatario del Disegno di Legge in questione, Lisa Noja, avvocata, deputata e prima firmataria dell’emendamento che ha inserito l’abilismo nel Disegno di Legge, e Sofia Righetti, filosofa e specializzata nei Disability studies. Le diverse riflessioni si sono focalizzate sulla parte del DDL Zan relativa alla lotta all’abilismo. Proponiamo di seguito una sintesi di alcuni dei temi sviluppati nell’evento.
L’abilismo, secondo il Dizionario Treccani, è “l’atteggiamento discriminatorio nei confronti delle persone con disabilità”, ha spiegato Sofia Righetti, nel suo intervento. Ampliando lo sguardo è possibile affermare che l’abilismo è quel sistema di potere che accorda ad alcune abilità maggior valore rispetto ad altre, e che stabilisce che alcune abilità siano superiori rispetto ad altre. Per mettere a fuoco l’abilismo è necessario capire cos’è la disabilità. La disabilità si genera nell’interazione tra le caratteristiche di una persona (la presenza di una menomazione fisica, sensoriale o intellettiva) e un ambiente non pensato e costruito per lei. La disabilità in sé non è negativa, né indesiderabile (come certa retorica vorrebbe far credere), e non generebbe neppure uno svantaggio se la società non creasse barriere. Non è un caso che in inglese per indicare le persone con disabilità si usi l’espressione disabled people, “persone disabilitate”, proprio per sottolineare la responsabilità della società riguardo al fatto di non riconoscere valore ad alcune abilità. Un altro termine inglese utilizzato è able people, “persone abilitate”, vale a dire persone alle quali la società conferisce un privilegio che non si sono guadagnate. Dunque è importante capire che è la società a decidere quali persone abilitare e quali disabilitare. Questo sistema porta a marginalizzare, invisibilizzare e cancellare tutte quelle persone che per determinate caratteristiche fisiche, mentali, intellettive o cognitive non rientrano negli standard normativi imposti. L’abilismo può essere descritto come una sorta di piramide alla cui base vi sono gli atteggiamenti di indifferenza e minimizzazione dell’oppressione subita dalle persone con disabilità. Iniziando a salire si trovano le battute abiliste, come quella di citare la Legge 104/1992 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate) come sinonimo di “essere stupido”. Un gradino più sopra ci sono gli atteggiamenti paternalistici e compassionevoli, che vedono la disabilità come una tragedia e non come una normale condizione dell’essere umano. Salendo ancora troviamo l’esclusione e la segregazione causata dalle barriere architettoniche e sensoriali, per poi arrivare all’apice dove si trovano la violenza, i crimini d’odio e i genocidi. Non dobbiamo dimenticare infatti che sotto il regime nazista le persone LGBTQIA+ (Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transessuali, Queer, Intersessuali e Asessuali) sono state uccise sistematicamente assieme alle persone disabili. Le persone disabili subiscono insulti, umiliazioni e violenze a causa della loro disabilità. Il fenomeno si fa ancora più drammatico nei confronti delle donne con disabilità e delle persone disabili LGBTQIA+ perché esse subiscono una discriminazione multipla, essendo discriminate per più motivi. Righetti ritiene che il DDL Zan, in quanto ampliamento della già vigente Legge Mancino (Legge n. 205/1993), sia la primo Disegno di Legge intersezionale in Italia, perché riconosce che le discriminazioni e i crimini d’odio hanno tutti la stessa matrice, ossia l’esclusione e la marginalizzazione di ciò che è considerato altro, di tutto ciò che non rientra negli schemi normati etero-cis-abili** che il sistema ha costruito e imposto. I Disability studies ed i Queer studies hanno evidenziato come le persone LGBTQIA+ e le persone disabili subiscono delle discriminazioni molto simili. Basti pensare, ad esempio, ai processi di medicalizzazione dove la medicina decide cosa è patologico e cosa è normale. Altri due aspetti che accomunano le persone LGBTQIA+ e quelle con disabilità sono il passing, secondo il quale tanto più passi per non disabile e cis-etero tanto più sei accettato e preso in considerazione, e l’invisibilizzazione. L’aspetto positivo di questa situazione è che questi atteggiamenti sono tutti costruzioni sociali, e, in quanto tali, possono essere decostruiti. Contrariamente a quanto molti e molte pensano, l’abilismo non riguarda solo un piccolo gruppo di persone perché la disabilità può interessare la vita qualsiasi persona in ogni momento. Il Disegno di Legge Zan è fondamentale perché permette di far comprendere alle persone disabili che hanno un valore intrinseco, una dignità propria, e che ogni volta che si assume una condotta abilista si commette un crimine contro la giustizia e si lede la dignità umana riconosciuta dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità. È necessario andare oltre la concezione medicalizzante che vede la disabilità come una tragedia e le persone disabili come dei “poveri rincoglioniti” che al massimo possono essere assistiti con compassione, o che si fanno manipolare dai promotori della “teoria del gender”. L’autodeterminazione è un principio fondamentale e grazie al DDL Zan le persone disabili hanno la possibilità di rendersi conto che hanno dei diritti, e che si devono imporre e alzare la voce perché questi diritti vengano rispettati. E non lo devono fare soltanto le persone disabili, ma tutti i cittadini e le cittadine. Nel 2021 non si può più combattere e lottare per compartimenti stagni, puntualizza Righetti, questa lotta si può vincere solo stando saldamente uniti e comprendendo che ogni volta che non si permette ad una persona di salire su un autobus, di entrare in un negozio, di muoversi e di esistere nello spazio, di accedere alle informazioni, di andare ad un concerto, di adottare figli, o di andare all’università stiamo violando un diritto umano. «La lotta all’abilismo riguarda tutti e tutte, e non siamo più disposti a tollerare alcun tipo di discriminazione o di crimine d’odio», scandisce Righetti nella conclusione del suo intervento.
Dal canto suo Lisa Noja osserva come l’inserimento del contrasto all’abilismo nel DDL Zan sia un argomento del quale i media hanno parlato molto poco perché esso contrasta in modo molto profondo la narrazione che viene fatta del senso di questa Legge. La parte più discussa del DDL Zan è l’estensione delle tutele previste dalla Legge Mancino, che ha riconosciuto come il reato d’odio nei confronti di persone che incarnavano alcune caratteristiche suscettibili di causare discriminazione (la razza, l’etnia e la religione), era un reato che andava punito non solo perché attuato a danno di persone più vulnerabili, ma anche perché era pericoloso per l’intera società. Infatti queste persone subivano questo tipo di reati semplicemente per quello che erano, per il fatto di esistere. Nel momento in cui si è capito che la vulnerabilità riguardava anche altri reati che avevano come ragione l’omo-bi-transfobia e la misoginia, a quel punto lasciar fuori la disabilità non aveva senso. Guardando la Legge Mancino si è capito che questa doveva proteggere tutte le persone vulnerabili e che portavano su di sé un fattore di discriminazione, e non solo alcune categorie, proprio perché questa è una Legge contro l’odio e la discriminazione. Ci sono due elementi del dibattito parlamentare relativi all’inserimento dell’abilismo che disvelano in modo molto chiaro qual è la differenza culturale che sta alla base della posizione di una parte della destra. Il primo fattore è costituito dal fatto che l’emendamento che proponeva l’inserimento dell’abilismo avente come prima firmataria della stessa Noja voleva aggiungere tutele, e non creare una contrapposizione tra categorie. Esso esprimeva il desiderio di realizzare una società inclusiva, individuando le persone più vulnerabili, più esposte ad esclusone e prevedendo per loro tutele e diritti. Mentre invece gli emendamenti presentati da alcune forze politiche di destra sull’abilismo nel momento in cui aggiungevano l’abilismo, levavano l’omo-bi-transfobia, proprio allo scopo di creare contrapposizione tra categorie. L’altro elemento che Noja ha trovato molto offensivo, anche a livello personale, è l’argomentazione che le persone disabili siano state inserite nel provvedimento per strumentalizzarle. Essendo Noja la prima firmataria dell’emendamento, ed essendo anche una persona con disabilità, è come se l’accusa di farsi strumentalizzare le fosse stata rivolta personalmente. Dietro questo modo di ragionare c’è quel paternalismo nei confronti delle persone con disabilità che è l’aspetto più terribile e pericoloso dell’abilismo. Un atteggiamento che probabilmente è molto più accentuato nei confronti delle persone con disabilità rispetto ad altre categorie discriminate. L’atteggiamento è quello di infantilizzare le persone con disabilità, di ritenerle “eterni bambini”, sempre incapaci di autodeterminarsi e di fare delle scelte libere. È lo stesso motivo per cui si parla molto più delle famiglie delle persone con disabilità che delle stesse persone con disabilità. Questo non significa che le famiglie delle persone con disabilità non vivano tutte le difficoltà dei loro congiunti, ma significa riconoscere che la persona con disabilità vive un suo dolore, una sua discriminazione che ha diritto di essere raccontata e tutelata, e di avere la possibilità di esercitare diritti che sono autonomi e che non devono dipendere da un nucleo famigliare di cui si fa parte. Queste argomentazioni riflettono un approccio culturale in cui l’avversione al tema della omo-bi-transfobia e la negazione che questo sia un tema che ci deve riguardare tutti, si accompagna all’idea che le persone con disabilità sono deboli, sono incapaci di autodeterminarsi, vanno protette, vanno quasi tutelate da loro stesse. Tutto questo è molto offensivo perché l’inserimento dell’abilismo nel Disegno di Legge è stato sostenuto anche, ad esempio, dalla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), che è la più grande Federazione delle associazioni di persone con disabilità, una Federazione con una storia di battaglie che hanno portato a tante conquiste. Pensare che una realtà di questo genere sia composta di persone che non sanno valutare se una tutela è giusta e necessaria oppure no per le persone che loro rappresentano, costituisce l’apice dell’abilismo. L’inserimento del tema della disabilità è la prova che l’obiettivo di questo Disegno di Legge è quello di riconoscere che una società inclusiva è una società migliore, che la tutela dalle discriminazioni è un diritto di tutti e per il quale tutti insieme dobbiamo lottare, che non esiste un normotipo ideale, e che ognuno ha diritto di essere protetto dai crimini d’odio per i quali la persona è odiata per quello che è non per aver assunto una condotta offensiva. La Legge 104/1992 prevede un’aggravante per i reati contro la persona quando la vittima è una persona con disabilità, e alcuni, anche in buona fede, hanno sostenuto che essendo tale disposizione già esistente non fosse necessario inserirla nel Disegno di Legge. In realtà i reati a cui fa riferimento la Legge 104 non considerano le motivazioni che hanno portato al reato, mentre le fattispecie di reato che sono state inserite nel DDL Zan sono diverse e si riferiscono a quei reati nei quali il fatto che la vittima fosse disabile costituisce motivazione del reato stesso, e a quelle situazioni i cui si incita compiere un reato ai danni di una persona con disabilità. Il confronto su questo aspetto è stato importante e ha costituito un momento di empowerment (un accrescimento della consapevolezza) delle persone con disabilità. In questo caso il tema non è che le persone con disabilità possono essere oggetto e obiettivo di violenza, ma che esse hanno dei diritti che possono far valere. Questo Disegno di Legge in sostanza dice che se sei una persona con disabilità e qualcuno compie un crimine d’odio nei tuoi confronti o ti discrimina solo perché tu sei disabile tu hai diritto ad una tutela, e lo Stato riconosce questa tua vulnerabilità e ti difende in maniera particolare. Un altro rilievo che è stato usato quando si parlava di disabilità consisteva nell’argomentare che allora bisognava estendere la tutela a qualsiasi persona, e scrivere una norma vaga contro tutte le discriminazioni. Ma il fatto è che i fattori di discriminazione non sono un’opinione, essi sono riconoscibili perché l’elemento discriminatorio si ripete nel tempo… le persone con disabilità sono quelle che sono state usate per le prove dell’Olocausto. Pertanto si deve scrivere una norma che dice che ci sono delle persone che, in base ai dati a disposizione, portano su di sé un rischio discriminatorio maggiore di altre persone, e costoro hanno diritto di essere identificate come tali perché questo dà loro il potere di difendersi.
Alessandro Zan ha aperto il suo intervento sottolineando che il Disegno di Legge è contro i crimini d’odio, non è un testo che tutela le minoranze, ma cittadini e cittadine con gli stessi diritti. Nella sostanza il Disegno di Legge riprende una Legge già esistente (la Legge Mancino) che è stata trasposta in due articoli del Codice Penale (il 604 bis e il 604 ter). Questi due articoli si collocano nella sezione del Codice Penale che ha come titolo “Delitti contro l’uguaglianza”, e già questo titolo mostra la finalità della Legge, che è quella di rispettare il principio di uguaglianza sancito dalla nostra Costituzione. Pertanto, se qualcuno viene discriminato per la propria condizione, come nel caso del crimine d’odio, si viola il principio di uguaglianza perché tutti i cittadini e le cittadine non possono vivere il proprio spazio di libertà e la propria quotidianità in modo del tutto libero se rischiano di essere oggetto di discriminazione e di violenza. Il secondo comma dell’articolo 3 della Costituzione prevede che la Repubblica rimuova gli ostacoli all’uguaglianza: il DDL Zan fa esattamente questo, rimuove gli ostacoli all’uguaglianza. La norma serve ad affermare il concetto che nessun cittadino può essere fatto oggetto di disparità di trattamento rispetto agli altri per la propria condizione personale. L’abilità o la disabilità possono determinare una disparità di trattamento se abbiamo una società che non è attrezzata per consentire a tutti i cittadini di vivere la propria condizione senza ostacoli, senza barriere, senza discriminazioni. E lo stesso vale per l’omo-lesbo-bi-transfobia. Se viviamo in una società il cui il retaggio patriarcale/sessista è ancora molto forte, e un ragazzo/uomo che si tiene mano nella mano con il proprio compagno rischia di essere insultato o picchiato a sangue, cosa che capita molto spesso, questo vuol dire che non viene rispettato l’articolo 3 della nostra Costituzione. Dunque chi dice che le Leggi ci sono già vuole continuare ad avallare questa cultura della discriminazione, del razzismo, dell’abilismo, dell’omo-lesbo-bi-transfobia, ed è complice di questa cultura, lo dobbiamo dire con chiarezza. Chi non vuole una Legge contro i crimini d’odio è complice della discriminazione e della violenza che le persone subiscono per la loro condizione. Ma qual è il progetto di coloro che avversano il Disegno di Legge? Il loro progetto è quello di considerare la violenza motivata dalla condizione individuale come un fatto comune, senza attribuire rilevanza all’abilismo, all’omo-lesbo-bi-transfobia, alla misoginia. Questi sono fenomeni che si saldano insieme a partire dagli stereotipi di genere che attribuiscono ai generi dei ruoli precisi e predeterminati, e se questi ruoli vengono cambiati, allora la risposta è la violenza, la sopraffazione: il modello patriarcale cerca di ristabilire l’ordine costituito. In contrapposizione al DDL Zan è stato presentato il Disegno di Legge Salvini-Ronzulli, esso utilizza la Legge contro l’omo-lesbo-bi-transfobia per attaccare ed indebolire la Legge Mancino. Infatti preponendo anche per i reati motivati dall’odio raziale e religioso delle aggravanti comuni, questo Disegno di Legge ci fa fare passi indietro anche su questi reati. Le aggravanti comuni sono quelle previste per l’aver agito per motivi abietti o futili (e sono previste nell’articolo 61 del Codice Penale). Ma queste aggravanti sono pensate, appunto, per i futili motivi e arrivano a determinare un terzo in più della pena, mentre quelle speciali della Legge Mancino arrivano a determinare fino a metà in più della pena. Ma la cosa grave è che le aggravanti comuni sono bilanciabili con le circostanze attenuanti, mentre ciò non è consentito per le aggravanti speciali della Legge Mancino. Con la Legge Mancino chi compie un crimine d’odio si prende l’aggravante, mentre col Disegno di Legge Salvini-Ronzulli chi compie un crimine d’odio, e magari è incensurato, può contare sulle attenuanti, che è come dare il via libera alla discriminazione. Inoltre l’aggravante comune non è stata pensata per i reati commessi per le caratteristiche delle persone, ma per i reati relativi a ciò che le persone fanno. Consideriamo l’esempio di un tizio che ruba un parcheggio ad un altro, quest’ultimo si arrabbia e dà un pugno al primo. Ovviamente anche questo è un reato. Ma questa condotta non fa sentire minacciate le altre persone perché quello che è accaduto è un fatto contingente legato alla condotta di quella persona. Se invece qualcuno picchia una persona per la propria condizione personale (ad esempio perché è gay, o perché è una persona con disabilità), e determina una discriminazione in virtù della condizione di quell’individuo, ecco che anche chi vive la stessa condizione si sente minacciato/a, e tutta la società si sente minacciata. Un crimine d’odio non determina solo un’aggressione verso quell’individuo, ma determina un sentimento di paura e una sensazione di non tutela che sono diffusi. Per questo motivo una Legge contro i crimini d’odio non è una Legge che tutela alcune persone, ma è una Legge fondamentale per tutta la società, infatti tutta la società trae giovamento dal fatto che tutte le persone siano tutelate per la propria condizione. Anche l’inserimento del contrasto all’abilismo è diventato un patrimonio comune perché il concetto ispiratore del Disegno di Legge è che tutti i cittadini sono uguali davanti alla Legge e nessuno può essere discriminato per quello che è. Questo concetto fa molta paura e dà molto fastidio agli omofobi e agli abilisti di questo Paese.
Attualmente il DDL è fermo al Senato, probabilmente arriverà in aula a metà luglio, ha spiegato Alessandro Zan. Qualcuno vorrebbe introdurre delle modifiche, ma poiché questo è il sesto tentativo di fare passare una norma su questi temi in Parlamento, anche se il testo non è perfetto, questo è il punto di equilibrio più avanzato che si è riusciti ad ottenere con grande fatica. Intervenire con delle modifiche al Senato significherebbe con buona probabilità pregiudicarne l’approvazione. Pertanto Zan ha rivolto ai parlamentari un appello a fare una scelta di responsabilità e ad approvare il DDL così com’è. «Basta usare le nostre vite, la nostra pelle per fare delle mediazioni politiche. Sulla Legge contro i crimini d’odio non ci possono essere mediazioni perché stiamo parlando della vita delle persone», ha concluso. (Simona Lancioni)
* Disegno di Legge avente ad oggetto: Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità. Esso prende il nome da Alessandro Zan, suo promotore, politico e attivista LGBTQIA+, egli stesso vittima di discriminazioni e aggressioni a causa della sua omosessualità. Approvato alla Camera dei Deputati nel novembre 2020, il Disegno di Legge in questione è approdato in Senato dove sta incontrando l’opposizione dei partiti più conservatori.
** Cis è un’abbreviazione di cisgender, e indica le persone che si identificano nel genere coincidente al sesso attribuito alla nascita.
Nota: la registrazione integrale dell’evento “Corpi possibili. Il contrasto all’abilismo nel DDL Zan” del 25 giugno 2021 è disponibile al seguente link. Si ringrazia Sara Carnovali per la segnalazione.
Per approfondire:
Abilismo: come saperlo riconoscere e contrastare, «LinkAbili», 16 ottobre 2020.
La FISH sostiene il DDL Zan per sanzionare i crimini d’odio contro le persone con disabilità, «Informare un’h», 24 maggio 2021.
Simona Lancioni, Il Disegno di Legge Zan e le nostre responsabilità nelle vite degli altri, «Informare un’h», 2 maggio 2021.
Simona Lancioni, Le associazioni di persone con disabilità promuovano l’approvazione del DDL Zan, «Informare un’h», 21 aprile 2021.
Simona Lancioni, “L’odio contro le persone disabili”, il nuovo opuscolo dell’Oscad, «Informare un’h», 3 febbraio 2021.
La multidiscriminazione delle donne con disabilità. Kit informativo rivolto a donne con disabilità, famiglie, associazioni, operatrici e operatori di settore, strumento prodotto dalla FISH – Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap. Disponibile anche in linguaggio facile da leggere e da capire.
I diritti escono dall’armadio. Kit informativo rivolto a persone con disabilità LGBTQ+, famiglie, associazioni, operatrici e operatori di settore, strumento prodotto dalla FISH – Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap.
Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “La violenza nei confronti delle donne con disabilità”.
Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “Donne con disabilità”.
Ultimo aggiornamento il 28 Giugno 2021 da Simona